È stata inaugurata da circa un anno e già, in più di una occasione, si sono potuti mettere alla prova gli effetti dell’imponente costruzione. Stiamo parlando del Modulo Sperimentale Elettromeccanico di Venezia, altrimenti noto con il nome di MOSE, il sistema di paratie mobili che, nelle intenzioni dei progettisti e tecnici, dovrà essere l’arma definitiva nella battaglia che la città veneta da secoli porta avanti con l’acqua alta e gli allagamenti del suo particolare territorio.
Venezia è una città unica al mondo, per storia, conformazione urbana, per i tratti inconfondibili del suo paesaggio ed oggi anche per la presenza dell’eccezionale opera del MOSE, oggetto di studio negli ultimi anni nelle più importanti università del mondo che mirano ad esportare questo sistema idraulico in tutte le altre realtà territoriali della Terra che con Venezia condividono la stessa problematica ambientale.
La cittadina lagunare è una delle mete preferite da milioni di turisti provenienti da ogni parte del mondo che sbarcano nel Bel Paese per godersi le meraviglie storico, artistiche e culturali dell’Italia. Tra le città più caratteristiche del mondo, Venezia è universalmente riconosciuta per la sua laguna e i suoi isolotti, le piazze e i calli, le gondole, il carnevale, il casinò municipale – oggi accessibile anche online grazie a siti che offrono incentivi di benvenuto – e, come detto, anche per il fenomeno dell’acqua alta che ha visto proprio nella imponente struttura del MOSE un valido alleato nella lotta agli effetti del cosiddetto climate change che si stanno abbattendo in tutto il mondo.
Il progetto MOSE è stato pensato per la prima volta negli anni ottanta. Iniziato nel 2003 e costato più di sei miliardi di euro, questo sistema è entrato in funzione per la prima volta sul finire del 2020 e, anche se l’opera non è stata ancora completata del tutto, già si è rivelato un utile strumento per proteggere Venezia dalle inondazioni. In totale sono 78 le porte (o paratie) di colore giallo chiamate ad alzarsi dal mare per entrare in azioni nel corso dell’acqua alta, ovvero all’innalzamento del livello del mare della laguna che spessissimo ha portato apericolose inondazioni in tutta la città veneta.
Non ultima, l’acqua alta del 2019, quando Venezia è stata sommersa dopo aver dovuto affrontare la sua peggiore inondazione in oltre 50 anni, con molte strade ed edifici del centro storico, tra cui la maestosa Basilica di San Marco, lasciate in balia delle acque.
Le barriere del MOSE si riempiono d’aria quando sono chiamate ad intervenire in vista dell’acqua alta, quindi a sollevarsi e successivamente a sigillare i tre ingressi (le tre bocche di Lido, Malamocco e Chioggia) che conducono alla Laguna di Venezia in punti non contigui. Il MOSE è entrato in funzione per la prima volta ad ottobre dello scorso anno. Questo sistema è stato progettato per intervenire e contrastare il fenomeno dell’acqua alta e inondazioni fino a un massimo di tre metri oltre il livello del mare (sebbene questo sia uno scenario che, almeno per i prossimi secoli, non dovrebbe avere ragion d’essere).
A parte gli ovvi pericoli di un’inondazione della città, il MOSE ha lo scopo di mantenere i livelli delle acque a Venezia sotto controllo, così da garantire non solo la pubblica incolumità ma anche la salute dei tanti edifici storici della città. L’acqua del mare, come noto, ha proprietà erosive nei confronti di tutti i fabbricati.
Il MOSE resta un’opera che senza dubbio dovrà prevedere dei miglioramenti, sia dal punto di vista infrastrutturale che ingegneristico. Ma si tratta di un valido esempio che potrà essere il capostipite per la costruzione di nuovi sistemi per combattere le inondazioni nelle grandi città. Le grandi metropoli degli Stati Uniti che affacciano sul Golfo del Messico ma anche Amsterdam e le città dei Paesi Baltici in Europa – solo per fare qualche esempio a noi più vicino – da anni affrontano la stessa problematica di Venezia. Da oggi, però, la prospettiva è cambiata e la sfida al cambiamento climatico avrà un alleato in più.